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Dordolla e il borgo rinasce
scritto il 4 Febbraio 2016 da: Michele TomaselliLa val Aupa In una dimensione fuori dal tempo, ci tuffiamo nell’atmosfera atavica della val Aupa del Friuli Venezia Giulia, dove la modernità non è uno stile di vita. Ecco che, dinanzi ai nostri occhi, appaiono borghi abbandonati e semideserti, o addirittura città fantasma, con strade deserte, botteghe serrate e case silenziose. Le abitazioni sono spesso cadenti e in abbandono, e si sorreggono su muri dall’equilibrio precario che perdono sassi a ogni intemperie e, seppure in rovina, conservano storie e segreti che a pochi è dato di sapere.
Il destino di queste borgate si è compiuto verso la metà degli anni cinquanta, quando civiltà e progresso hanno preso il sopravvento, danneggiando irreparabilmente l’economia della vallata; di conseguenza centinaia di persone sfuggirono dai ritmi severi della vallata trasferendosi per necessità nelle città o all’estero. E così iniziava la repentina agonia della valle.
Qui viveva una comunità compatta che si avvicendava attorno al suo principale strumento di lavoro che era la “terra”, fonte di un sapere millenario, che si plasmava nelle geometrie irregolari dei terreni, dei prati e degli orti, ma anche nei raffinati equilibri fra uomo e natura e nei tradizionali modi di sostentamento, come ad esempio la falciatura, la conduzione del pascolo e la preparazione della polenta. Quello che riusciva a tenere in vita la cultura e l’ambiente era l’isolamento, in cui il progresso e gli eventi del mondo esterno non riuscivano ancora a penetrare.
Degli uomini e delle donne che componevano questa piccola comunità, Tito Maniacco nel suo libro “Mestri di mont”, ci fornisce alcune descrizioni indimenticabili, a partire da “quegli alunni che ogni mattina stavano appollaiati come merli neri con le teste d’oro sul muricciolo della scuola, in attesa dell’arrivo del maestro” o presentandoci quello scenario dai colori intensi e luminosi, contrastati dalla nebbia, “che di tanto in tanto, come un presagio, avvolgeva il paese trasformando in fantasmi i suoi abitanti”.
Ma arriviamo a tempi più recenti, dopo il catastrofico sisma del 6 maggio 1976 che ha cambiato la storia e la geografia del Friuli, dando il colpo di grazia alla già spopolata val Aupa.
Ancora oggi l’atmosfera è impalpabile, si respira “la ricchezza del borgo” e se siamo alla ricerca di un luogo dove poter staccare la spina dalla quotidianità e dallo stress, per accedere a un’altra dimensione dello spirito, è senz’altro il posto giusto.
Dordolla All’interno della val Aupa, a circa sette chilometri da Moggio Udinese, capoluogo della vallata, spunta tra gli alberi, sopra uno sperone roccioso, al di là del torrente Aupa, il bianco campanile di Dordolla (Dordole). È il paese più vivo della valle, ci sono una cinquantina di abitanti, fra cui diversi giovani e un’osteria, da Fabio, aperta sette giorni su sette, cuore pulsante del borgo.
Il bel sorriso di Lavinia, gestrice del bar, ci dà il benvenuto.
Qui, da diversi anni, si sta verificando un fenomeno di ripopolamento, a differenza di quanto avviene nel resto della Carnia, e nel resto della montagna, grazie all’interessamento di alcune persone intraprendenti che hanno deciso di rilanciare questo luogo, fino a ieri considerato inospitale e abbandonato.
Tra i vicoli stretti, i cortili ciechi, le scalette in legno esterne, gli archi e i balconi in pietra, e la piazzetta con l’inconfondibile fontana in pietra, ricordano vagamente uno scorcio di Venezia – racconta Cristopher Thomson, il londinese arrivato qui per caso, assieme alla compagna Sarah, nel 2008, per girare un documentario sulla valle, e che poi non ha più lasciato Dordolla.- Il luogo, inoltre, è abbracciato dalla natura e in pochi minuti si può raggiungere il bosco.
In questo borgo l’esistenza scorre lenta, avvolta dai sapienti ritmi della terra. Sembra un presepe adagiato a cornice della Creta Grauzaria, la principale montagna della zona, che indossa abiti e colori sorprendenti nelle varie stagioni. Molte case sono state ristrutturate e si respira un’aria nuova. Si ha per di più l’impressione che l’architettura spontanea del borgo non segua un piano prestabilito, ma realizzi il desiderio di tessere una rete di rapporti umani.
Anch’io, nella brezza dei colori d’autunno, entro e vivo il borgo. Nell’osteria da Fabio ingollo le prime cucchiaiate bollenti di brovedar, la minestra della Val Aupa, preparata con le rape fermentate e tipico piatto dell’inverno. La temperatura è rovente ma il sapore è delizioso, e deglutendola ho la sensazione di far ballare lo stomaco e il palato!
Dopo aver degustato la cucina locale, decido di aspettare il pomeriggio per raggranellare storie e vite del borgo. Armato di taccuino e penna stilografica inizio l’avventura. Mi dice qualcuno «devi rivolgerti a Kaspar Nickles, la guida naturalistica ed agricoltore, che è arrivato qui nel 2005, dopo aver frequentato la facoltà di agronomia di Vienna, e che poi non ha più lasciato Dordolla».
Sono fortunato, perché lo vedo arrivare con indosso una gerla in vimini. Sta venendo a piedi da Drentus. Arrivare a Drentus da qui è una bella impresa, ci vogliono quasi 12 km di strada carrozzabile, se vogliamo chiamarla elegantemente così, ma se utilizziamo il ripido sentiero bastano solo 15 minuti a piedi…
«Dordolla ha un’energia tutta sua» mi racconta il giovane austriaco Kaspar, «In questa piccola borgata della Val d’Aupa ho conosciuto mia moglie Marina, ex giornalista di radio Onde Furlane, e poi, assieme a lei e a qualche altro amico, abbiamo recuperato la vecchia casa dei nonni di Marina nella vicina frazione di Drentus ed avviata l’azienda agricola “Tiere Viere” dove viviamo con i nostri tre figli. Siamo riusciti a far rivivere l’agricoltura di montagna, con l’aiuto dei woofer, i ragazzi alla pari dell’agricoltura.» E ancora «Dordolla è uno di quei pochi posti in montagna dove convivono in equilibrio natura coltivata, natura selvaggia e vita urbana.»
In questi ultimi anni Kaspar è diventato il vero animatore del borgo e assieme ad altre persone del paese ha fondato l’associazione culturale “Cort dai Gjats”, gruppo di volontari che si prefigge l’obiettivo di ripristinare sentieri, muretti a secco, rifasciare i prati e ripulire il sotto bosco. Come se non bastasse l’Associazione contribuisce, assieme all’università di Klagenfurt, all’organizzazione del festival “Cantiere Continuo/Ewige Baustelle”, rassegna internazionale di installazioni curata da Moreno Miorelli, l’ideatore di “Stazione Topolò – Postaja Topolove”, che tanti conoscono, il famoso laboratorio culturale sul confine italo-sloveno, nelle valli del Natisone, in cui gli artisti si ritrovano nel mese di luglio per cercare l’arcaico e sperimentare il nuovo.
Certo, raggiungere la fama del festival di Stazione Topolò per Cantiere Continuo/Ewige Baustelle è un’impresa impossibile con le attuali disponibilità finanziarie, ma gli organizzatori evidenziano che molto spesso sono i piccoli numeri a far partire i grandi progetti e, così, nel maggio 2014, è stata inaugurata la I edizione di “Cantiere Continuo/Ewige Baustelle”, con i temi dell’utopia e la scelta di vivere in un luogo “periferico” ma non “disagiato”: Dordolla è ritornata a vivere insieme a tanti artisti giunti da mezza Europa.
Le installazioni di arte nel borgo non sono però una novità: Gianna Genero ed Ernesto Paulin hanno creato Anima Montis, una meditazione artistica tra natura e cultura che dà vita ad espressioni di land art nel territorio, già alla sua terza edizione. L’idea della natura è profondamente legata alla visione del cosmo, dell’origine del mondo e dell’uomo e delle tematiche universali; vengono proposti ad artisti e visitatori paesaggi stimolanti, spazi che divengono luoghi di espressione e di riflessione artistica, alla riscoperta della dimensione naturale. La mostra esterna raccoglie opere realizzate in legno che vengono collocate sui prati, sugli alberi, sul torrente, nei punti più strategici di Dordolla .Nulla di grande, tutto piuttosto informale, ma il modello è virtuoso e per ora non ha bisogno di contributi pubblici.
E ancora, è merito di Kaspar e dei suoi amici del borgo se nella piazza di Dordolla è stato inaugurato il book crossing, (scaffale, libreria) una pratica libera e volontaria che permette di far circolare i libri di mano in mano, senza prestito o acquisto e senza restituzione. Si rilasciano i libri in un vecchio frigorifero, affinché possano essere ritrovati e letti da altre persone nella condivisione dei saperi. «Quale luogo migliore se non Dordolla» mi dice Kaspar, «per ora arrivano soprattutto austriaci che fuggono da montagne tutte uguali, case di legno e gerani ai balconi. Vogliono vivere qualcosa di diverso, sentieri meno battuti, luoghi più rilassati.»
Con il tempo è probabile che Dordolla diventi un modello di turismo sostenibile per il rilancio di altri siti periferici o disagiati della montagna.
“Tiere Viere” è un’orticoltura biologica racchiusa in una decina di fazzoletti di terra (complessivamente ca. 3.000 mq), sparsi fra Dordolla e Drentus, dove vengono piantati patate, fagioli, mais e ortaggi di stagione. Per aumentare la fertilità del terreno si ricorre all’utilizzo del letame di pecora, prodotto durante l’inverno e molto ricco di azoto, nonché all’applicazione della tecnica del sovescio con l’aggiunta di particolari leguminose (colture a perdere). Dal 2013 l’azienda dispone di una piccola serra per proteggere le culture dalla stagione invernale, così è possibile favorire la germinazione delle semenze locali, cadute in disuso, o addirittura scomparse.
Nel campo zootecnico è stata reintrodotta la pecora plezzana o Bovska, una vecchia razza originaria dell’alta Valle dell’Isonzo (Plezzo = Bovec, Slovenia) che un tempo brucava e produceva grandi quantità di latte nella valle. In Friuli è considerata una razza rara, così, in contro tendenza, Kaspar ha deciso di acquistarne diversi capi. Oggi ne possiede un piccolo gregge, di venti unità, che s’implementa sempre più, grazie all’impiego di prodotti naturali per l’alimentazione. A rendere originale questa pastorizia è l’usanza di non ricorrere mai alla mungitura, tutto questo per preservare il latte di pecora per la crescita degli agnelli. Fanno parte della fattoria anche due simpatiche asinelle, Tire (la madre) e Mole (la figlia) che hanno saputo adattarsi molto bene all’aspro terreno di montagna.
Inoltre, per compensare la mancanza di api nel territorio – ricordo che le api svolgono un ruolo di vitale importanza per l’ambiente attraverso un servizio di impollinazione gratuito all’agricoltura che porta enormi benefici – sono state installate diverse arnie in legno per l’apicoltura, dove vengono allevate tra 5 e 10 famiglie di api della razza carnica.
Ma “Tiere Viere” è sopratutto un programma di sviluppo sostenibile nel settore agro-alimentare che attrae e seduce i turisti austriaci e tedeschi, offrendo la possibilità di vivere a stretto contatto con la natura. Un progetto di valorizzazione della natura e sviluppo della comunità locale, che dimostra l’importanza dell’agricoltura biologica. Un sogno, a detta di molti, una chimera, ma senz’altro un avvincente esperimento di ritorno alle origini e di salvaguardia e valorizzazione del paesaggio.
Per salvare la “vivibilità” della valle “Tiere Viere” offre un servizio agrituristico a stretto contato con la natura, (l’azienda ha una decina di posti letto), oltre a proporre visite guidate nel territorio.
Per informazioni: Kaspar Nickles – Marina Tolazzi Drentus 4 (Dordolla – Val Aupa) 33015 Moggio Udinese (UD) Friuli Venezia Giulia – Italia T +39 0 433 51063 C +39 334 395 3313
kaspar@tiereviere.net www.tiereviere.net
La Ricetta del brovadar: si usano in genere rape piccole o di medio taglio, si lavano accuratamente in acqua fredda, complete del loro apparato fogliare (togliendo le foglie ingiallite), si fanno poi sbollentare e raffreddare. In seguito si lasciano adagiate ordinatamente in recipienti di legno o plastica per uso alimentare, sul cui fondo vanno preventivamente sistemate alcune foglie di verza, pressandole con la forza delle mani e ricoprendo l’ultimo strato ancora con foglie di verza, sulle quali dovrà essere posta una tavoletta di legno per formare il “cappello”.
Si versa, infine, acqua fredda leggermente salata, fino a coprire abbondantemente il tutto sovrapponendo un peso, per far sì che il prodotto resti coperto e sommerso nel liquido.
Con la fermentazione lattica anaerobica gli zuccheri delle rape si trasformano in acido lattico, permettendo la conservazione delle rape e originando il BROVADAR. Il processo di fermentazione si completa nel periodo di uno/due mesi. Le rape, sottoposte a questa lavorazione, si conservano per lungo tempo, fin quasi a primavera.
Altre notizie utili:
La Val Aupa (Val Aupe in friulano, Aupatal in tedesco Aupaska Dolina in sloveno) è una vallata delle Alpi Carniche, che mette in comunicazione i comuni di Moggio Udinese e Pontebba (UD).
Lunga 15 km, ha direzione nord – sud ed è percorsa dall’omonimo torrente. La valle è costituita da fianchi piuttosto scoscesi, ricchi boschi e prati. Nonostante la selvaggia bellezza, non ha mai goduto di un grande sviluppo turistico.
Il rifugio Grauzaria è un ottimo punto di appoggio per le escursioni nel gruppo Sernio-Grauzaria. Il migliore accesso è seguendo il segnavia CAI n. 437 che sale dalla Val Aupa. Si informa che dall’estate del 2008 il rifugio è stato completamente ristrutturato.
http://rifugiograuzaria.wordpress.com/
Moggio Udinese (Mueç in friulano) è un piccolo paese situato tra il Canal del Ferro e la Val d’Aupa; con un superficie di 144 Kmq è uno dei comuni più estesi del Friuli Venezia Giulia. È sede dell’importante abbazia di San Gallo, che si erge sul colle di Santo Spirito, in una posizione che domina tutta la vallata del fiume Fella. Fu fondata nell’XI secolo per volere del Patriarca Ulrico I, il quale, per dieci anni, fu abate di S. Gallo in Svizzera, che rimase una fondazione benedettina per oltre seicento anni. Il 20 giugno del 1985 giunsero le prime Clarisse provenienti dal monastero di Venezia. Trattandosi di un monastero di clausura, oggi non è possibile visitarlo.
La Riserva naturale della Val Alba si trova nel settore orientale delle Alpi Carniche meridionali, a contatto con le Alpi e le Prealpi Giulie, nel comune di Moggio Udinese. La riserva, con un’estensione di quasi 3000 ettari, è stata istituita ufficialmente nel 2006, grazie ad un contributo della Comunità Europea. Dal 2008 la gestione è affidata al Parco naturale delle Prealpi Giulie. È un territorio integro e selvaggio, ricco di acque cristalline, creste rocciose, boschi impenetrabili, un vero gioiello naturalistico, completamente spopolato, attraversato da numerosi sentieri. Le escursioni al Rifugio del Vuâlt, all’ex ospedale militare, al Bivacco Bianchi e alle sorgenti del Rio Alba sono i percorsi più frequentati.
Come arrivare: dall’autostrada A23 uscire al casello Carnia-Tolmezzo e proseguire verso Tarvisio. Dopo il ponte sul fiume Fella, imboccare la Strada Statale n. 13 in direzione di Tarvisio fino alla diramazione per Moggio Udinese e la Val Aupa. Proseguire per altri 7 km sulla S.P. 112 fino a svoltare sulla destra per Dordolla.
Quando andare: Visitabile in tutte le stagioni, ma particolarmente consigliato nel periodo autunnale.
Testo di Michele Tomaselli Fotografie di Igino Durisotti e Michele Tomaselli articolo apparso su iMagazine N. 55 marzo – aprile 2015
In questo articolo si parla di:
Tag: Anima Montis, Cantiere Continuo, Cort dai Gjats, Dordolla, Drentus, Ernesto Paulin, Ewige Baustelle, Gianna Genero, Kaspar Nickles, Moreno Miorelli, radio Onde Furlane, Tiere Viere, Topolò, Val Aupa
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