• Dalle Stelle alle Stalle, allo Stallo… Riflessioni di un oste

    scritto il 4 Febbraio 2016 da: Michele Tomaselli

    Intervista a Maurizio Mancini.

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    Il Vecchio Stallo, uno dei locali più pittoreschi e conosciuti di Udine. Qui giungono artisti, pensatori, e tutta la crema colta del Friuli. La mattina e fino alle prime ore del pomeriggio è frequentato soprattutto da pensionati e lavoratori rionali, così si scambiano quattro chiacchiere davanti al solito mezzo litro di nero, magari con una partita a briscola. Ma alla sera il Vecchio Stallo si trasforma dando il meglio di sé stesso. Qui non c’è nulla di scontato. È tutto improvvisato. Parliamo con l’oste Maurizio Mancini che, recentemente, il 21 settembre del 2015, ha festeggiato il trentennale dell’attività in una grande festa.

    Maurizio quando hai iniziato la tua esperienza? Era il lontano 21 settembre 1985 quando, con tanta buona volontà e sprezzo del pericolo, iniziai questa avventura. Ero coadiuvato dai miei due fratelli: Enzo un burbero maresciallo degli Alpini e Mario un cuoco filosofo e matematico. Il mio ruolo era soprattutto quello di far andar a frequenza i due cervelli, configurati in maniera diversa. Tra litigi, baruffe, risate, riunioni familiari, partenze, riappacificazioni ed abbracci siamo riusciti a lavorare più di vent’anni. Tuttavia, da dieci anni, siamo rimasti solo io e Mario. Non voglio raccontare bugie, ma è solo grazie al maresciallo Enzo che mi è stato possibile acquistare il locale, all’inizio in gestione associata con Gigi il Rosso.

    Che tipo di clientela viene al Vecchio Stallo? Tante persone frequentano queste quattro mura addobbate dai miei ricordi. La nostra clientela è eterogenea e si ascrivono tutte le età: dai neonati, agli adolescenti, ai grandi, agli anziani, agli ultracentenari. Ma anche è rappresentata dai tanti e svariati mestieri: studenti, operai, pensionati, operai, artigiani, politici, architetti, ingegneri, medici, assicuratori, professori, insegnanti, casalinghe, commesse, geometri, camerieri, cuochi, rappresentanti, vignaioli, gourmet, giornalisti, scrittori, poeti, scultori, fotografi, anarchici, dipendenti comunali provinciali, regionali, uomini dabbene e persone incasinate. Spesso ospitiamo personalità del mondo del cinema, dell’arte della musica e dello spettacolo. Si sono annoverati nostri clienti: Mario Monicelli, Sergio Endrigo, Gianni Mura, Fabrizio Bentivoglio, Marco Travaglio.

    Si dice che ogni locale ha i suoi difetti: ….  Ebbene si, lo Stallo li ha tutti … qui potrai anche rimanere deluso, al contrario vivrai attimi indimenticabili, momenti dello stare bene a tavola, del buon vino, della musica .. è tanto altro ancora …. Qualcuno ha detto che l’atmosfera è autentica.

    Maurizio, dieci anni fa hai fatto una scelta in controtendenza, multietnica …… oggi molto attuale. Raccontaci Si è vero .. In questa lunga avventura molti dei miei collaboratori sono andati in pensione, altri sono diventati esercenti, così dieci anni fa, aprendoci alla globalizzazione, abbiamo deciso di assumere unicamente personale africano: Caterina, Ester, Phillis, Jennifer e Abigail. In questo modo, stando con noi, hanno imparato a conoscere la cucina friulana. Quando abbiamo previsto di assumerli avevamo dei dubbi, ma alla fine è stata fatta la scelta giusta.

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    Lo Stallo … una storia che affonda le radici nella storia … Un tempo lontano sostavano carrettieri e cavalli … C’erano una volta, in città, diverse stazioni di arrivo di carri e carrozze provenienti da tutto il Friuli. Fra queste, nell’ambito del settecentesco palazzo dei Conti Gorgo Maniago, quasi a ridosso delle mura cittadine, si trovava secoli fa, una locanda con annessa stalla e un sotto portico per il carriaggio. Lo “Stallo” appunto …. . Ma come si chiamasse per davvero, oggi, non è dato sapere; nemmeno Chino Ermacora, (direttore delle Panarie e grande storico udinese) non lo riportò nell’elenco delle osterie storiche. Ma, il luogo era dimora di postiglioni, viandanti, donne del malaffare, peccatori stanziali. Successivamente si diedero ritrovo attori, letterati, architetti ed artisti, ma anche bellissime dame udinesi infiorettanti l’eleganza. Fino a che, nel 1927, il locale ricevette l’autorizzazione comunale alla vendita dei vini padronali e la regolarizzazione dell’attività. Pur con delle inevitabili trasformazione l’edificio è oggi quello di allora. Nei muri sono rimasti i segni del passato, con i basti, le briglie, e i ferri dei cavalli. All’esterno la caratteristica insegna in ferro battuto, probabilmente risalente alla Serenissima. Da trent’anni è in mano alla “banda dei Fratelli Mancini”. Ah Ah (ride)

    Quali sono i piatti forti? Per la maggior parte quelli nostrani.. Gnocchi fatti in casa, di patate, o di zucca, cjarsons alle erbe aromatiche. Per i secondi brovada e musetto, frico, baccalà con polenta, trippe rognone, stinco di maiale, bollito misto. Nella classifica non può mancare il minestrone di orzo e fagioli. Insistiamo nel diffondere la tradizione culinaria friulana. È proprio nel vigneto chiamato Friuli che offriamo un vasto assortimento di vini.

    Al vecchio Stallo non si fa credito …. E ridere fa bene alla salute. Tanti motti Si, abbiamo delle regole ferree (ride !).. Qui si viene per mangiare e per bere. Qui si mangia e si beve senza esotiche innovazioni gastronomiche. Si paga solo in contanti e non si accetta nessuna carta di credito se non la carta da briscola, (è scritto vicino alla cassa !), Così anche lo slogan: “Ridere fa bene alla salute: fatelo adesso finché è gratis” oppure “Se il vino sparisse dalla terra credo che nella salute e nell’intelligenza dell’uomo si formerebbe un vuoto, un’assenza di molto più spaventosa di tutti gli eccessi ai quali il vino è fatto responsabile”.

    Siamo arrivati alla fine, Maurizio nella tua lunga carriera vuoi ringraziare qualcuno Tutti gli amici carissimi che mi hanno aiutato, il Comitato per i festeggiamenti del trentennale, il Comitato Friulano Difesa Osteria del presidente Enzo Driussi, tutti Voi, il Friuli, i miei fratelli, mia moglie Iole, il perito Chittaro da  Pagnacco  nel  Friuli, e tutti quanti continueranno a venirci a trovare.

    a cura di Michele Tomaselli

    articolo apparso su iMagazine N. 60 gennaio – febbraio 2016

     

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