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Il baffone che soffia – La vera storia dell’icona della birra Moretti
scritto il 4 Febbraio 2016 da: Michele TomaselliLa birra Moretti, la più conosciuta birra in Italia, secondo l’inchiesta del magazine americano on line VinePair, uno studio delle birre più popolari in oltre 100 paesi, è da sempre un prodotto dell’eccellenza italiana. La storica azienda, un tempo marchio di nicchia friulano, dal 1989 passata di mano alla multinazionale canadese Labatt e dal 1996 assorbita dalla Heineken, è oggi un’azienda che garantisce un prodotto in oltre 40 Paesi (tra cui Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada e Giappone) e annovera una produzione di oltre 2 milioni di ettolitri all’anno.
il Friuli gli ha dato le radici, il cuore e la sostanza: storia ben nota, come ben sappiamo, anche recentemente ricordato a posteri nel libro: «La birra Moretti da Udine al Mondo – 130 anni di una dinastia imprenditoriale » scritto dall’erede Luigi Menazzi Moretti. Evanescenze di un Friuli scomparso, ma allo stesso tempo storie di una terra forte, decisa, dai sapori inconfondibili, capace di stuzzicare il palato più sopraffino e delicato. Non è anacronismo dire che Udine poteva ritenersi, allora, la capitale italiana della birra. Oltre alla Moretti di viale Venezia, fondata nel lontano 1859, accoglieva la Dormisch, nata a Resiutta nel 1875 e trasferita in città dieci anni dopo. Così, nella tradizione del territorio, anche Trieste possedeva una tradizione dell’arte birraia con lo stabilimento della Dreher, inaugurato nel 1866.
Ma andiamo avanti.. Ve la ricordate la storica immagine del “Baffone” che accompagna, ancora oggi, la birra Moretti in tutto il mondo e nel cuore di Expo? il siôr di Tresésin che venne immortalato da Lao Menazzi Moretti al ristorante Boschetti di Tresésin (o stando ad altra versione il siôr di Collerumiz di Tarcint fotografato alla stazione ferroviaria di Tarcint ) alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Un uomo antico e moderno allo stesso tempo, elegante in un abito verde scuro, estremamente naturale, con un bel cappello, grandi baffi e un viso che sembra custodire mille racconti. È quando il commendatore Moretti chiese al “Baffone” il dovuto per il disturbo, lui rispose “Ch’al mi dedi di bevi, mi baste”.
È dato che le nuove tecnologie sperimentate in azienda avevano necessità di essere affiancate da un’accorta campagna pubblicitaria, in cui l’arte dell’immagine illustrasse il prodotto industriale, quella fotografia fu consegnata, nel 1947, all’illustratore Segala, alias Franca Segala, – soprattutto conosciuta per l’illustrazione delle copertine dei quaderni – che disegnò il famoso manifesto, icona e simbolo della birra Moretti in tutto il mondo.
Così, quando il cartellone fu consegnato alle birrerie, migliaia di persone si riconobbero nel “Baffone”, a conferma che il Commendator Moretti era riuscito ad individuare un personaggio davvero autentico. Nel corso degli anni, il “Baffo” è stato interpretato da vari attori e persino da un disegnatore, Bruno Bozzetto; il volto più noto, però, è stato quello dell’ attore e doppiatore Marcello Tusco, poi sostituito da Orso Maria Guerrini.
Almeno, questa la storia che ci hanno sempre raccontato.
Ne volete conoscere un’altra … Quella vera sull’immagine del “Baffone” che soffia sulla schiuma di un gran boccale di birra, …. Si tratta di uno scatto realizzato, nel 1939, dalla fotografa tedesca Erika Groth-Schmachtenberger (1906-1992) nota in Patria per l’interesse sui soggetti popolari, che ritrae un contadino tirolese, precisamente di Thaur in Tirol, a pochi chilometri da Innsbruck. Nel 1956, entrando in Italia dal valico di Tarvisio assieme al marito, la Groth incappò, in una serie di cartelloni stradali della Moretti che pubblicizzavano il “Baffone”. Si trattava del famoso manifesto della Segala che riproduceva il suo scatto originale in bianco e nero e che subito riconobbe. Era evidente la corrispondenza dei cartelloni alla sua fotografia: lo stesso uomo robusto, con un abito scuro, con un bel cappello, i grandi baffi, e lo stesso sfondo. Altresì non aveva mai ceduto i diritti d’immagine, così si rivolse ad un avvocato per legittimare il diritto d’autore. L’anno successivo, si vide dare ragione ma ottenne un misero risarcimento di soli 800 marchi, giusto per acquistare due stufe ad olio e resistere all’inverno. Ma, spinta dalla curiosità, scrisse una lettera alla birra Moretti per sapere come erano andate le cose. Non ebbe riscontro fino a quando una nota le comunicava che la fotografia proveniva da una calendario bavarese. A questo punto la storia autentica, quella della Groth, cancella ogni ipotesi di “Baffone” friulano.
È stato Antonio Rossetti presidente dell’Associazione Cervignano Nostra a far chiarezza su questa storia, in una recente mostra dedicata all’indimenticabile architetto Ennio Puntin Gognan, già socio del prestigioso circolo fotografico “La gondola” di Venezia, e fu amico della brava fotografa, che ospitò anche a Cervignano. Dopo la scomparsa della Groth, l’architetto Puntin donò al sindaco di Thaur tutta la documentazione raccolta sulla vicenda.
In mostra, sono stati esposti il libro “Meine liebsten Fotos” (“Le mie fotografie predilette”), del 1984, dove la Groth pubblicò la fotografia originale, ed un’altro scatto inedito del “Baffone” che dorme, accanto al suo inconfondibile cappello ed alla pipa con uccellino scolpito, su una panca della locanda tirolese.
articolo apparso su iMagazine N. 59 novembre – dicembre 2015
In questo articolo si parla di:
Tag: Birra Moretti, Cervignano del Friuli, Cervignano Nostra, Ennio Puntin Gognan, Erika Groth - Schmachtenberger, il baffone della birra Moretti, la storia del baffone, Segala, Udin
2 commenti a “Il baffone che soffia – La vera storia dell’icona della birra Moretti”
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Non ebbe riscontro fino a quando una nota le comunicava che la fotografia proveniva da una calendario bavarese. A questo punto la storia autentica, quella della Groth, cancella ogni ipotesi di “Baffone” friulano.
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… in realtà, alla Groth, le venne riconosciuto il copyright della riproduzione … i diritti d’autore riguardavano il “tipo di scatto e ritratto” k’era stato copiato …
Piero D’Agosto – “Si chiamava Sig. Cantoni, figlio e nipoti vivono a Udine, lavorava proprio in birreria Moretti.” ….
Mi faccia capire … Lei sostiene che questo signore “rubò” o prese in prestito l’immagine della Groth dal calendario bavarese delle birre di Monaco e poi la portò al commendatore Lao Menazzi Moretti che poi, attraverso un ritrattista, disegnò il manifesto del baffone che tutti conosciamo?